Tutte le idee che hanno enormi conseguenze sono sempre idee semplici
Quante volte al lavoro ci viene chiesto di essere creativi, propositivi, proattivi, risolutivi, coinvolgenti… e chi più ne ha più ne metta? A parole sembra facile, se non fosse che dobbiamo essere capaci di trasformarci in persone ricche di idee e di soluzioni, quando, fino ad un attimo prima eravamo impegnati a ragionare sui numeri del fatturato, sull’invenduto, sul magazzino o a discutere con un cliente o un collega su qualche problema scomodo. Vi raccontiamo allora cosa è un brainstorming (“tempesta di cervelli”).
Il brainstorming è una metodologia per la produzione di idee, sviluppata negli anni Trenta da Alex Osborn, fondatore dell’omonima agenzia pubblicitaria. La traduzione in italiano, “tempesta di cervelli”, fornisce un’immagine piuttosto chiara di come si svolge questo processo; il Brainstorming si realizza in gruppo, intorno ad una questione specifica: è infatti di fondamentale importanza definire e condividere in modo chiaro l’obiettivo del brainstorming, altrimenti finiremo per parlare ognuno di una cosa diversa, producendo più conflitti e rallentamenti che altro. Tecnica molto conosciuta, costituisce ancora uno degli strumenti più utilizzati nei contesti aziendali e nell’ambito dei processi creativi e di innovazione.
Il problema però è che in molti casi produce più frustrazioni che risultati ed idee! Perché? Perché spesso le cose apparentemente più semplici sono invece le più complesse da realizzare; pensate ad un piatto di pasta al burro e parmigiano o ad una carbonara. Quante ne abbiamo assaggiate, ma quante ci hanno davvero soddisfatto? Quando sono buone sono fantastiche, ma quando non sono adeguate risultano quasi immangiabili. In tanti anni di esperienza con gruppi diversi, abbiamo potuto constatare che il rispetto di alcune regole e tecniche di conduzione del gruppo favorisce la libertà di pensiero e il buon esito del brainstorming.
Questa tecnica si basa sul principio che, lasciando le persone libere di esprimere le immagini e i sentimenti che nascono sul momento, senza giudizi e condizionamenti, si innesca un circolo virtuoso che porta ognuno ad ascoltare e migliorare le idee degli altri. Durante la sessione di Brainstorming, ogni persona è stimolata a produrre più idee possibili, a sviluppare quelle degli altri e solo in una seconda fase si provvede a vagliarle e a criticarle.
Le fasi del brainstorming classico sono essenzialmente due, nelle quali si attua un procedimento di elaborazione mentale opposto, divergente e convergente: le fasi vanno opportunamente separate da chi guida il processo creativo, il cosiddetto facilitatore.
Nella prima, divergente, dopo aver identificato con precisione la questione da affrontare, i partecipanti producono le idee senza alcun limite e vincolo, associando le proprie intuizioni a quelle degli altri. In questa fase il ruolo di chi guida è teso a creare un clima di estrema collaborazione e sintonia nel gruppo, incoraggiando la condivisione delle idee e la massima libertà di pensiero.
Esistono tanti diversi strumenti per realizzare questa parte: carte creative, immagini, disegni, post-it ed ognuna di queste modalità costituisce una specifica variante della tecnica che il facilitatore adotta secondo le specifiche esigenze del gruppo.
Nella seconda fase, convergente, di solito il gruppo è composto da persone diverse e si provvede a selezionare e valutare le idee di ciascuno per arrivare a scegliere quelle più vantaggiose e realizzabili. Questo è un momento in cui predomina la prospettiva analitica e critica, e dove l’esperienza e le conoscenze tecniche sul problema assumono un ruolo decisamente principale.
La dimensione del gruppo a cui sottoporre una sessione di brainstorming varia da 4 a 30 persone; più persone partecipano e maggiori saranno le opportunità e le intuizioni che si potranno sviluppare; allo stesso tempo, però, un gruppo ampio potrebbe limitare il tempo a disposizione di ognuno per esprimersi liberamente.
La disposizione ideale per i partecipanti ad un brainstorming è quella circolare (per i gruppi meno numerosi), altrimenti ad U (per i gruppi più numerosi), in modo da predisporre la “psicogeografia” più adatta alla collaborazione e alla condivisione.
Le cose più semplici, come dicevamo, sono quelle più delicate, ma che sono in grado di produrre i risultati più gustosi.
Per approfondire: Innovation Coaching
Simone Piperno
Fonte: https://www.biancoebruno.it/rivista-digitale-in-pdf?task=document.viewdoc&id=3