“Una buona etichetta è parte del tuo marchio personale”
di Rodger Dean Duncan
Come abbiamo già esplorato nella prima parte della nostra conversazione con Rosanne Thomas, esperta in etichetta aziendale, la navigazione nel mare mosso delle “buone maniere” può essere complicata.
Questa volta indaghiamo il ruolo dell’etichetta nel personal branding, come gestire i comportamenti che consideriamo irrispettosi e le best practices con i cellulari e i social media.
Rodger Dean Duncan: la reputazione professionale – o il personal brand – è di vitale importanza. Come afferma il CEO di Amazon Jeff Bezos, “Il tuo marchio è ciò che le persone dicono di te quando non sei nella stanza.” Nel posto di lavoro, oggi, quali sono i tre o quattro ingredienti più importanti di un buon personal branding?
Rosanne Thomas: Il “personal branding” non è una novità. La reputazione di ognuno e tutte le cose che vi contribuiscono hanno sempre avuto importanza. Internet è ciò che rende il concetto di personal branding così attuale oggi.
Oggi siamo tutti sotto una lente di ingrandimento, con il nostro marchio distintivo visibile a tutto il mondo. Tutti gli elementi che ne fanno parte sono significativi, ma alcuni lo sono maggiormente perché altri ne derivano.
Il primo è l’atteggiamento. Si stima che l’atteggiamento rappresenti l’85% del successo. Trattare tutti con rispetto e dignità, mantenere un approccio fiducioso e offrire aiuto, congratulazioni, ringraziamenti e scuse sono solo alcuni dei modi in cui i nostri trasmettiamo il nostro atteggiamento positivo.
Anche l’abbigliamento è di fondamentale importanza. Trasmette competenza, saggezza e rispetto, o meno. L’abbigliamento appropriato è sempre dettato dalla cultura dell’organizzazione che ci impiega. Che si tratti di un completo abbottonato, di una divisa o di una felpa con cappuccio, ci vestiamo per soddisfare le aspettative, non per sfidarle.
L’etica del lavoro è certamente tra i primi tre elementi. Siamo giocatori di squadra che rispettano le scadenze o abbozziamo scuse? Il nostro lavoro è esemplare o è incompleto e pieno di errori? Diamo merito quando è dovuto, o lo teniamo tutto per noi?
Prestare attenzione all’atteggiamento, all’abbigliamento e all’etica del lavoro garantisce un marchio che esprime bene l’individuo, vitale in luoghi di lavoro sempre più competitivi.
Duncan: ignorare una mancanza di rispetto relativamente benigna può inviare il segnale involontario che un comportamento sempre più rozzo potrebbe essere tollerato. Senza apparire altrettanto altezzosi o inavvicinabili, cosa può fare una persona per definire i limiti di un comportamento accettabile?
Thomas: la mancanza di rispetto è dilagante, anche se a volte non intenzionale. Una combinazione di stress, affaticamento e paura può avere la meglio su un collega altrimenti amabile. Per essere sicuro di non prendere sul personale ciò che non lo è, cerca di capire ed entrare in empatia con la persona. (Questa è una buona strategia perché potresti aver bisogno che qualcuno faccia lo stesso in futuro.)
Quindi, considera l’ambiente. Se recentemente vi siete uniti ad una cultura aziendale in cui linguaggio volgare e umorismo prepotente sono la norma, senza nessuna particolare intenzione di danneggiare, qualsiasi tentativo di cambiarlo potrebbe farvi etichettare come pudico o giudicante. Non dare lezioni e non lamentarti. Invece, evita le situazioni di disagio o ignorale il più possibile.
Se qualcuno fa un’osservazione che sembra irrispettosa, c’è la possibilità che si tratti di un malinteso o di una frase fuori contesto. Avvicinati in privato alla persona per chiarire cosa intende. Quindi condividi l’impatto delle parole e chiedi se potrebbe usare parole differenti in futuro. Se il comportamento continua, fai sapere alla persona che la tua concentrazione e produttività sono influenzate e che la tua capacità di lavorare con lei è compromessa. Infine comunica che intendi cercare un nuovo team / ruolo / ufficio all’interno dell’organizzazione e cerca la collaborazione del management per farlo.
Essere civili non richiede che si accettino comportamenti legittimamente inaccettabili, solo che si affrontino in modo civile.
Duncan: Molte persone sembrano essere quasi anatomicamente attaccate ai loro telefoni cellulari. Qual è la giusta etichetta da utilizzare con il cellulare?
Thomas: Statista.com stima che entro il 2019 il 67% della popolazione mondiale, o più di cinque miliardi di persone, sarà un utente di telefonia mobile. E non sono solo i millennial ad essere incollati ai loro telefoni. Le persone di tutte le età usano i loro telefoni costantemente e in ogni contesto immaginabile. Matrimoni, funerali, chiese, sinagoghe, studi medici, spogliatoi – a quanto pare nessun posto è off limits. Questo uso continuo richiede un’enorme riflessione su relazioni, sicurezza e sonno.
Per rimanere in contatto e mantenere intatti i rapporti, bisogna usare il buon senso. Anche se la cultura di un gruppo lo permette, non essere il primo a usare il telefono perché un effetto domino si concretizzerà rapidamente. In genere, sarebbe meglio non utilizzare il telefono in famiglia, a lavoro o durante un pasto, nelle case altrui o senza permesso. Certamente non si utilizzerà il telefono in situazioni gravi o cupe in cui la concentrazione o la sensibilità di qualcuno potrebbero essere influenzate. Se devi usare un telefono mentre cammini o guidi, sii consapevole dei pedoni, degli oggetti e del traffico.
Secondo il Centro per il controllo degli incidenti, ogni giorno nove persone muoiono per guida distratta e oltre 1.000 si feriscono. Ricorda che la persona fisicamente di fronte a te ha la precedenza su qualsiasi testo o chiamata in arrivo o in uscita. Sì, potrebbe essere necessario rispondere a un messaggio di emergenza, ma la maggior parte delle comunicazioni non vale il rischio di danneggiare qualcuno.
Duncan: i social media hanno creato un ampio panorama di sfide e opportunità. Che consiglio offri ai professionisti per quanto riguarda le loro impronte digitali?
Thomas: l’attuale conversazione sulla privacy sviluppatasi su Internet, dovrebbe aiutarci a capire che tutto ciò che condividiamo nel cyberspazio è visibile, o almeno accessibile, a chiunque altro, per sempre.
Resta da vedere se, quando e come i provider di servizi Internet miglioreranno la protezione della privacy degli utenti. Anche la “modalità riservata” di Google, che impedisce la stampa o l’inoltro di un messaggio di posta elettronica, non elimina effettivamente la posta elettronica. Si limita a revocare l’accesso di un destinatario ad esso dopo un determinato periodo di tempo.
Le nostre “impronte” stanno aumentando ogni secondo. Con ogni post, condivisione, tag, scatto o simili, lasciamo tracce di DNA digitale che non possono essere cancellate. E mettiamo a repentaglio sicurezza, reputazione e finanze – nostre e altrui.
Ma possiamo riprendere il controllo. Inizia facendo un controllo online e cancellando tutti i post discutibili. Chiedi agli amici di fare lo stesso. Non condividere nulla che possa essere considerato razzista o sessista. Usa sempre buon gusto, nessuna foto di abbigliamento audace, gesti offensivi, baldoria ubriaca o altre attività men che discrete. Evita di sfogare la rabbia, evita le discussioni o l’eccessiva condivisione online. Tratta gli altri con rispetto, sii responsabile e cerca di pubblicare informazioni utili e pertinenti che possano farti comodo con chiunque, futuri datori di lavoro e nonne allo stesso modo.
Traduzione di Claudia Ciccarese