Il manager e la cucina: la metafora della brigata
Alla vigilia dell’evento che terremo con i nostri Partner del Gambero Rosso, presso la loro sede di Roma, abbiamo incontrato Camilla Carrega Bertolini, coordinatrice didattica dei corsi, ed esperta di processi formativi per adulti.
Con lei abbiamo ideato e progettato una serie di attività che integrano la metafora della brigata in cucina, con il Coaching Creativo e il Team Building, per aiutare i gruppi di lavoro a potenziare le proprie risorse ed applicarle al lavoro, trovando idee utili al business e soluzioni ai problemi organizzativi.
Le abbiamo posto una serie di domande che condividiamo con i nostri lettori come momento di riflessione sull’utilità delle contaminazioni nei processi formativi in azienda.
Che differenza noti tra l’apprendimento che avviene in un tipico processo di formazione per adulti, che riguarda ad esempio le competenze professionali, e l’apprendimento in una cucina?
“In cucina ci si trova di fronte a procedure inconsuete, e questo porta i partecipanti a porsi domande nuove, a mettere in atto procedure nuove e, più in generale, ad attivare processi cognitivi non comuni.
In più, l’idea di risolvere un problema “pratico” insieme ad altri aumenta il senso di appartenenza a un team.”
Quello dei corsi di cucina è uno dei settori della formazione per adulti che tiene il passo anche in questo delicato periodo economico, cosa cercano le persone nei vostri corsi e perchè tornano da voi?
“Dipende dal target, e ne abbiamo almeno 3:
a) il più significativo è il target di giovani (ma non necessariamente giovanissimi) che vogliono una soluzione per entrare a far parte del mercato del lavoro in modo veloce
b) un altro dei target di riferimento è costituito da coloro – di solito laureati – che vogliono affinare il proprio sapere universitario specializzandosi in tematiche connesse all’enogastronomia
c) il terzo segmento significativo è costituito da coloro che hanno già un lavoro e partecipano a un corso per appassionati per rilassarsi, per fare amicizia e per ricaricarsi, solitamente dopo una giornata di impegni professionali”.
Nei team building che usano la metodologia del cooking, si utilizza la metafora della brigata di cucina, puoi descriverci quali sono le modalità tipiche di lavoro in gruppo?
“La sincronizzazione è importantissima, così come la suddivisione dei compiti. Una brigata professionale è una sorta di orchestra, un orologio svizzero in cui ogni membro è un ingranaggio. Se tutto funziona alla perfezione il risultato può essere incredibilmente esaltante; se invece ci sono degli errori il team, insieme, deve saperli correggere, altrimenti la figuraccia è garantita e il cliente non solo non viene fidelizzato, ma può allontanarsi irrimediabilmente”.
Quali sono le attinenze tra un manager e uno chef in cucina?
“Manager è colui che “maneggia”, “manipola” risorse. Lo chef è il manager della cucina, e anziché manipolare direttamente risorse economiche maneggia risorse enogastronomiche (che hanno un valore simbolico, oltre che economico, moto importante)”.
Quale è lo spazio della creatività in una brigata di cucina e come si riesce ad attivarla nonostante i ritmi intensi e l’elevato livello di stress?
“Tra esordienti o dilettanti il metodo pesa al 90%: qualsiasi forma di creatività, se non incanalata e governata, diventa ingestibile perché non si riesce ad attivare un processo organizzato che dia risultati. Lo stress e i ritmi intensi in cucina si possono ridurre proprio attraverso il metodo.
Allo stesso tempo più si sale di livello, più si dà per “scontato” il metodo, più è la creatività a fare la differenza. In pratica alla creatività è apparentemente riservato uno spazio esiguo, ma la differenza – a parità di condizioni – tra un piatto mediocre e un piatto leggendario sta tutta lì: nella la creatività che si usa nell’attuare un metodo”.
Quali elementi possono costituire una metafora attinente e trasferibile al lavoro, viste le attuali organizzazioni lavorative?
“– Rispetto dei tempi
– Armonizzazione nel problem solving
– rispetto delle consegne
– produzione di un risultato che sia non la semplice sommatoria dello sforzo di ciascuno, ma qualcosa in più, una sorta di “magia” che in cucina si apprezza attraverso il palato”.