Leadership “A”
Siamo felici di ospitare un’intervista ad una persona che stimiamo e con la quale condividiamo la passione del mare e della salvaguardia dei delpini.
Daniela Pace è il Presidente di Oceanomare Delphis Onlus da 16 anni, dopo essere stata a capo della comunicazione sociale e del fund raising della Fondazione Maruzza Lefebvre D’Ovidio, il Direttore Scientifico di Systema Naturae e dopo aver guidato per 6 anni la community dei fund raser e dei volontari per Telethon.
Oceanomare Delphis è una onlus che opera per lo studio e la tutela dei cetacei e degli ecosistemi in cui abitano; i loro valori sono quelli della biodiversità, come elemento di fondamentale importanza per gli esseri umani e per la salvaguadia delle specie animali, e la cooperazione tra scienziati, professionisti e amministratori per contribuire alle politiche di gestione dell’ambiente marino.
L’energia e la grande competenza di Daniela e dei suoi colleghi ci hanno coinvolto a tal punto da decidere di costruire una solida partnership con la Oceanomare Delphis Onlus, per realizzare dei Team Building ad Ischia, alla ricerca dei delfini sullo splendido veliero Jean Gab, integrando questa attività con le sessioni di Coaching Creativo.
Daniela Pace è inoltre un’esperta di formazione e in particolare di modelli di leadership; durante le iniziative che realizziamo insieme, ci ha colpito il modo in cui è riuscita a creare dei collegamenti, ricchi di significato, tra la leadership nel mondo animale e quello delle organizzazioni, costruendo delle metafore efficaci e trasferibili nel contesto aziendale. Per questo abbiamo intervistato Daniela, per condividere con i nostri lettori queste conoscenze interessanti e utili per aprire la mente a nuove connessioni.
Daniela, come nasce la leadership nel mondo animale?
La leadership all’interno di un gruppo appartiene a quell’individuo che è capace di esercitare la maggiore influenza decisionale e persuasiva sugli altri membri ovvero di influire sul comportamento degli altri, determinando una situazione di asimmetria nel gruppo.
Uno dei fattori chiave per l’origine della leadership (e quindi della followership) nei gruppi animali è il bisogno di coordinamento (spostamento e migrazioni, movimenti collettivi nella caccia e nella fuga dai predatori, interazioni e relazioni sociali, etc…): alcuni individui hanno maggiore probabilità di emergere come leader se hanno tratti fisici (taglia o stato fisiologico), comportamentali (temperamento, personalità, motivazione) o ‘culturali’ (conoscenze, esperienza) che aumentano la loro propensione ad agire, e ad agire per primi proprio nell’ambito di necessità di coordinamento.
Ma questo non basta, perché leadership e followership sono strategie connesse e complementari, che hanno costi e benefici individuali e di gruppo: la prima implica iniziative atte a tenere e mantenere la coesione e l’organizzazione (cosa fare, dove e quando farlo), mentre la seconda implica la decisione di chi seguire, quando e dove seguirlo. Ad esempio, i piccioni adottano un sistema dinamico e flessibile di leadership nel quale ogni membro dello stormo, a prescindere dal rango occupato, esprime un ‘voto’ per decidere chi sarà il capo di turno. Al momento in cui il leader non è più efficiente nel suo compito organizzativo, immediatamente il gruppo lo sostituisce votando un altro individuo.
E nei delfini?
Qui è necessaria una premessa. Generalmente, all’interno dei gruppi stabili e strutturati dei mammiferi, i ruoli di leader li assumono gli individui dominanti (es. lupi) o quelli più esperti (es. elefanti, orche). Nei gruppi instabili, dove l’appartenenza cambia frequentemente, è decisamente meno chiaro se esistano veri e propri leader. Ed è questo il caso di molte specie di delfini. Ad esempio, il tursiope forma gruppi cosiddetti ‘fissione-fusione’, ovvero una modalità organizzativa dove il gruppo principale ‘padre’ si può dividere (fissione) in sottogruppi più piccoli durante gli spostamenti o durante l’alimentazione, ma i sottogruppi si possono ricongiungere (fusione) al gruppo primario in momenti successivi (la composizione dei sottogruppi può cambiare addirittura più volte nel corso della stessa giornata). In tali gruppi sociali dinamici e fluidi lo sviluppo di una leadership ‘coerente’ è meno probabile perché le interazioni tra gli stessi individui sono meno frequenti. Ci sono però due condizioni in cui la leadership si può sviluppare in una specie fissione-fusione:
1) In ambienti complessi, dove le risorse sono frammentarie e difficili da individuare, o in cui lo spostamento verso le zone di alimentazione è pericoloso; qui gli individui con maggiore esperienza possono emergere come leader anche se l’appartenenza al gruppo cambia regolarmente.
2) In alternativa, la leadership può affermarsi se il ‘gruppo padre’ è piccolo e i sottogruppi sono ristretti; in queste condizioni gli individui interagiscono regolarmente nonostante i cambiamenti nella composizione del gruppo, e queste interazioni permettono agli individui di identificare e affermare i leader più efficaci.
Nelle Florida Keys, i tursiopi vivono in piccoli gruppi fissione-fusione dinamica, sono in grado di effettuare il riconoscimento individuale, occupano aree ristrette e complesse, e dispongono di risorse alimentari distribuite in maniera irregolare. Qui solo alcuni individui determinano la direzione di spostamento del gruppo e lo orientano verso le aree di alimentazione. E questi individui hanno però dimostrato qualcosa: di saper trovare le prede e di saperle prendere con strategie innovative (letteralmente ‘inventando’ nuove tecniche), a vantaggio proprio e dei membri del gruppo, che sono quindi in grado di riconoscere i leader efficaci. Ma se cambiano le condizioni, grazie alla straordinaria capacità apprendimento e di rielaborazione delle informazioni tipica di questa specie, ecco che un altro individuo può emergere come leader per raggiungere il risultato. Possiamo quindi parlare di una leadership situazionale: è affidata a chi agisce per primo, è indirizzata secondo gli eventi e le esigenze del momento, è flessibile, è adattata alla situazione.
Quindi come avviene la successione di un leader?
Se vogliamo provare un parallelo con il mondo aziendale ispirandoci agli esempi animali, un leader non è più tale quando non è più capace di risolvere i problemi incorporando le esigenze del gruppo, quando non è più in grado di lavorare in modo cooperativo, quando non si adatta fluidamente e rapidamente al cambiamento, quando smette di apprendere e di riconoscere le opzioni, quando è inefficacie nella comunicazione e nel trasferimento di informazioni, quando in qualche modo manca nella prospettiva dell’essere funzionale alla ‘missione organizzativa’ di coordinamento nel gruppo. Ecco, in queste condizioni un animale perde naturalmente il suo ruolo di leader, semplicemente perché non è più lo ‘strumento’ adatto a trovare le risorse, a gestire e risolvere i conflitti, a costruire alleanze, a trasferire conoscenze. E il feedback sociale che riceve lo conferma.
Bisogna poi evidenziare che nel mondo animale frequentemente il leader emerge bottom-up attraverso le sue capacità, la sua innovatività, i suoi tratti comportamentali e magari la sua forza fisica; nel mondo aziendale invece normalmente il processo è top-down e il leader è designato attraverso un sistema di gerarchie organizzative. E questo complica il quadro, perché non solo è importante conquistare il consenso dei follower (che non lo hanno scelto), ma anche mantenere quello di chi lo ha nominato.
E i conflitti, come vengono risolti?
La scelta evolutiva di vivere in società stabili presenta lo svantaggio di un aumento della competitività fra gli individui per le risorse a disposizione del gruppo perché ciascun individuo tende a massimizzare il proprio pay-off (alimentare, sociale, riproduttivo). Le alternative sono: la competizione aperta o un ordine sociale in parte mantenuto da un certo grado di ‘aggressività’. I Primati, ad esempio, hanno scelto questa seconda via, che prevede manifestazioni aggressive, spesso ritualizzate, che di fatto inibiscono le lotte sanguinose dell’aperta competizione e, attraverso il rafforzamento/limitazione di gerarchie e di diritti di priorità, a lungo termine riduce gli scontri. Questo significa trovare un equilibrio fra la competizione e la condivisione, che è poi l’equilibrio sul quale si basa ogni società.
Poiché l’aggressione e il conflitto sociale sono inevitabili, le specie che dipendono dalla cooperazione si trovano di fronte all’alternativa di evitare conflitti o evolvere modalità di controllo dei danni sociali che essi causano. Per questo l’evoluzione ha selezionato meccanismi comportamentali che mitigano i conflitti, prevengono l’aggressione e risolvono le dispute negli animali che vivono in organizzazioni sociali stabili. La gestione dei conflitti, da parte del leader, include quindi tanto i meccanismi comportamentali che evitano l’aggressione, quanto quelli che mitigano o riparano i danni di avvenute aggressioni, mentre la risoluzione dei conflitti è attuata con processi che restaurano i rapporti fra contendenti. La riconciliazione, ad esempio, riduce la probabilità di nuovi attacchi, ristabilisce i livelli di tolleranza tra gli individui in un gruppo e assolve anche ad una generale funzione sociale di ridurre l’ansia provocata dal conflitto, tanto nell’aggressore quanto nell’aggredito. La riconciliazione aiuta dunque a mantenere la coesione di gruppo e ne preserva l’integrità e le funzioni, quali componenti critiche della vita sociale. La risoluzione dei conflitti che minacciano la coesistenza e la cooperazione tra gli individui in un gruppo è necessaria per la sopravvivenza e questo le conferisce un forte valore evolutivo. E il leader ha il compito di favorire e realizzare pienamente questo processo.
Come gestisce e incentiva l’innovazione e il cambiamento un capo branco e come, al contrario, le reprime?
E’ difficile rispondere a questa domanda perché dipende dal tipo di gruppo (stabile o instabile), dal contesto ambientale e da come viene esercitata la leadership. Innovazione e cambiamento sono comunque cruciali sia nei gruppi stabili che in quelli instabili per rispondere agli inevitabili, a volte repentini, mutamenti delle condizioni contingenti: quando gli individui leader sono capaci di percepire e rispondere ai temperamenti individuali dei loro partner sociali (eventualmente portatori di innovazione), il comportamento del gruppo rifletterà probabilmente la sua ricchezza di composizione in termini di differenti ‘personalità’ e sarà più pronto e capace di rispondere a quelle necessità di coordinamento funzionali al raggiungimento degli obiettivi.
Questa biodiversità è necessaria sia nel caso di leadership attive, dove i follower devono essere d’accordo con il leader e quindi i processi comunicativi devono essere ben sviluppati, sia nel caso di laissez-faire leadership, comune in gruppi ampi e omogenei (sciami di insetti, banchi di pesci, stormi di uccelli), dove gli individui non hanno significativi conflitti di interesse e applicano semplici regole come ‘evita di rimanere isolato’, ‘segui la stessa direzione dei tuoi vicini’.
E’ difficile poi che un comportamento, se risulta funzionale al gruppo, venga represso. La selezione naturale agisce proprio nel modo opposto, favorendo il successo delle migliori strategie per il mantenimento e l’affermazione di una determinata specie: l’individuo portatore di un miglioramento sarà socialmente favorito, probabilmente avrà un accesso privilegiato alle risorse e si riprodurrà maggiormente, trasferendo alle generazioni successive quei tratti innovativi che lo hanno caratterizzato.
In sintesi, cosa può riprendere un manager dalla leadership nel mondo animale per migliorare il proprio stile?
A mio avviso, esistono numerose ‘lezioni’ che possono essere apprese guardando al mondo animale, pur essendo le generalizzazioni non adatte a descrivere la grande variabilità che possiamo osservare nelle differenti specie. In primo luogo, il concetto di funzionalità (what works best in each context): il leader è tale solo in quanto funzionale al gruppo in quel momento e in quel luogo (scala spaziale e temporale); quando non lo è più – qualsiasi sia il motivo – il gruppo farà emergere l’individuo più idoneo a ricoprire il ruolo. Un manager della leadership dovrebbe tener presente questo semplice schema (pur non trovandolo spesso in una realtà aziendale), interrogarsi sulla propria funzionalità nell’ambito dell’organizzazione e rispondere di conseguenza.
In generale, alcuni tratti da poter cogliere dal mondo animale per lavorare sullo stile della leadership, riguardano l’inclinazione a prendere l’iniziativa, la quantità e qualità della comunicazione, l’intelligenza sociale (abilità di comprendere gli altri individui e di gestire le relazioni – anche conflittuali – con loro) e le qualità sociemozionali (capacità di empatia), le competenze, le risposte organizzative immediate di fronte a minacce e opportunità.
Ma tutto questo è solo un piccolissimo scorcio sulla leadership nel mondo animale …