L’AZIENDA-LINA. L’adrenalina scatenata dall’iperattività manageriale
L’azienda-lina è un nuovo termine per definire la sensazione di piacere provocata dall’iperattività manageriale, da cui spesso si finisce per dipendere.
Il piacere del successo, delle performance, del potere esercitato, attenua momentaneamente gli effetti dello stress, generato da anni di continue pressioni, lavoro duro, attività frenetica. Per lunghi periodi il dover mantenere un alto livello di performance, aumenta il peso della responsabilità e in queste condizioni si esercita potere e influenza sui collaboratori al fine di raggiungere obiettivi impegnativi; l’autocontrollo richiede investimenti di notevoli energie, non si stacca mai la spina e le situazioni di urgenza la fanno da padrone. Quando poi si aggiungono una o due crisi, il manager scivola, senza rendersene conto, nella Sindrome del Sacrificio. Richard Boyatzis e Annie Mckee hanno studiato a lungo la leadership e gli stili di vita professionale che portano a vivere una particolare forma di stress: lo stress da potere cronico [1]. La mente e il corpo vivono per anni in uno stato di continua allerta, generando reazioni a catena nel cervello e nel corpo che si attivano per affrontare le minacce, ma che al tempo stesso possono provocare dei danni all’organismo.
Perché tantissimi manager si ritrovano stressati accorgendosi soltanto dopo del problema? “L’azienda-lina” ha il suo ruolo, infatti è noto che sotto stress aumenta l’attivazione del sistema nervoso simpatico che attiva a sua volta la produzione di ormoni e secrezioni endocrine che aiutano temporaneamente tutto l’organismo ad affrontare le minacce. Questa condizione, però, è molto insidiosa poiché aumenta lentamente nel tempo, perché di solito non ci si ferma a riflettere, si da poco peso ai segnali fisici, emotivi e comportamentali.
E’ un fenomeno definito anche “Sindrome della rana bollita”:[2] se viene messa una rana in una pentola d’acqua bollente, questa salterà fuori immediatamente, perché è in grado di avvertire la differenza di temperatura. Se invece, la rana viene inserita in una pentola con acqua fredda a fuoco lento, non sarà in grado di registrare i piccoli incrementi di temperatura, finendo per morire bollita. Allo stesso modo quando il manager non si accorge dell’incremento di piccoli stress, dell’aumento graduale della pressione, del tempo dedicato al lavoro, della sottrazione del tempo dedicato a se stesso e ai propri bisogni, finisce come la rana bollita.
La perdita del lavoro, se da un lato costituisce un ulteriore grave colpo che genera stress acuto, per molti rappresenta la possibilità di guardare in faccia la propria condizione e rendersi conto che le illusioni sono finite.
Il privilegio, lo status, i benefit, il potere del ruolo sono state a lungo fonti di gratificazione, ma a volte hanno contribuito a generare e mantenere l’illusione del successo senza fine, di essere i soli artefici dei risultati positivi, come anche l’illusione di non aver contribuito in alcun modo al licenziamento. “Adottare una facciata è una tattica usata comunemente da coloro che lottano con la sindorme del sacrificio. E, in effetti, per le persone di successo può risultare più semplice negare che ci sia qualcosa che non va nella loro vita o nella loro performance professionale, e tale atteggiamento può andare avanti per anni” [3]. Negare le proprie responsabilità e attribuire solo all’esterno, alle mancanze altrui, la causa dei problemi è un atteggiamento che tende ad aumentare in condizioni di stress. “In seguito, quando le cose vanno male e la situazione inizia a deteriorarsi, è molto facile continuare a dare la colpa agli altri e compiangerci, soprattutto quando l’emergere dei problemi ci coglie alla sprovvista, magari dopo che per un certo periodo abbiamo utilizzato un meccanismo di diniego” [4].