La storia del Giovane Giocatore e del Grande Giocatore
In occasione dell’evento Business Communication, del 23 febbraio a Milano, al quale hanno partecipato professionisti di 37 diverse aziende del panorama italiano, abbiamo rivolto qualche domanda a Barbara Ricci, Presidente e Amministratore Delegato di SportWide Group, esperta di marketing sportivo e celebrity marketing.
Raccontaci una tua esperienza, una storia personale nella quale una comunicazione ha avuto ripercussioni dirette (positive o negative) sul tuo lavoro e sul business?
Ho un aneddoto carino che ricordo sempre con piacere. Che non ha influito direttamente sul mio business, ma ha avuto un impatto comunque molto importante sul mio lavoro.
Diversi anni fa, un Giovane Giocatore di una delle squadre di calcio più importanti d’Italia presso la quale lavoravo, non perdeva occasione per lamentarsi, a microfoni spenti e non, del fatto di rimanere sempre in panchina, di non avere l’opportunità di giocare, dell’ingiustizia con la quale, a suo dire, era trattato dall’allenatore. Queste dichiarazioni gli creavano problemi con il Club, con l’allenatore e anche con il Grande Giocatore che occupava stabilmente il posto cui il Giovane Giocatore ambiva. La sua immagine era quella non solo di un giocatore poco significativo, ma anche di un personaggio scomodo, di una persona scontrosa e dal cattivo carattere. Anche i rapporti con i colleghi ne erano danneggiati.
Lo presi da parte e gli spiegai che se avesse continuato così, quello cui sarebbe andato incontro sarebbe stata la cessione alla fine della stagione. Cessione che, stante la situazione, avrebbe significato soltanto una cosa: “retrocedere” ad una squadra senza dubbio meno prestigiosa di quella dove era da poco arrivato. Gli prospettai anche un diverso approccio, sia concreto, per il suo vivere quotidiano con la squadra, sia di comunicazione. Da quel momento, avrebbe dovuto considerare l’esperienza che stava vivendo, non più come un’ingiustizia e una gabbia alle sue possibilità, ma al contrario come un’opportunità: quella di essere la riserva di uno dei più grandi campioni della storia del nostro calcio. Un’occasione per imparare e per farsi trovare preparato nel momento, che prima o poi sarebbe sicuramente arrivato, nel quale fosse toccato a lui scendere in campo per sostituire il Grande Giocatore. Dal punto di vista della comunicazione, gli suggerii di dimenticare le rivendicazioni e le frasi dure che aveva utilizzato fino ad allora, per passare a trasmettere anche all’esterno il suo nuovo modo di vivere la sua posizione di riserva del Grande Giocatore. Doveva cogliere ogni occasione per dire come si sentisse orgoglioso e fortunato a vivere quell’esperienza, lui così giovane, dietro ad uno dei più grandi.
E così fece. L’occasione fu un’intervista ad una rete televisiva nazionale. Il Giovane Panchinaro era diventato una Giovane Speranza, ottimista e carico di buona volontà. Ora dipendeva soltanto dall’allenatore saper cogliere e valorizzare queste qualità. La Società si accorse del cambiamento di atteggiamento e cominciò a valorizzarlo maggiormente, se non ancora in campo, perlomeno nelle attività di comunicazione, offrendogli delle opportunità che prima gli venivano negate. In poco tempo, anche a causa di un leggero infortunio del Grande Giocatore, il Giovane dovette dare dimostrazione delle sue capacità in campo. E si fece trovare preparato. Ormai, anche il suo modo di interagire con i media era cambiato: i musi lunghi, le rivendicazioni e le risposte a monosillabi erano un ricordo. E questo gli fu sicuramente determinante quando, finalmente, poté raccontare davanti ai microfoni la sua soddisfazione per le prestazioni sul campo di gioco e la sua ammirazione e riconoscenza per il Grande Giocatore “cui doveva tutto”. Dopo poco arrivò la chiamata in Nazionale, dove il Grande Giocatore da tempo non era più titolare, ma dove il Giovane Giocatore non sarebbe mai approdato senza quel cambiamento nel suo atteggiamento che aveva portato anche ad una diversa percezione che gli altri avevano di lui. Ecco, credo che questo esempio, che a volte utilizzo anche con i miei clienti, possa essere illuminante per far comprendere come un diverso approccio e un diverso modo di comunicare possa far cambiare nella sostanza le cose.
Come utilizzi le nuove tecnologie nella comunicazione e come stai cambiando il tuo modo di lavorare in relazione ad esse?
Le nuove tecnologie fanno parte della nostra vita privata e professionale. Per quanto riguarda l’impatto sulle attività professionale, direi che possiamo considerarlo da due punti di vista: come utenti e come operatori. Come utenti, utilizziamo le nuove tecnologie per migliorare e velocizzare la comunicazione tra noi e i nostri clienti. Per esempio, whatsapp, skype, google drive e altre piattaforme di condivisione e comunicazione ci permettono di risparmiare tempo, e quindi costi per il cliente, senza nulla togliere alla qualità del nostro lavoro. Come operatori della comunicazione dobbiamo essere aggiornati: saper governare tutte le nuove piattaforme di comunicazione ci permette di offrire al cliente sempre il miglior piano di comunicazione integrata possibile. E’ chiaro che i media da presidiare adesso sono molti di più; il nostro lavoro è diventato più complesso perché i nuovi media richiedono non soltanto supporti adeguati, ma anche modalità narrative e tempi diversi dai media tradizionali.
Come modifichi il tuo modo di comunicare al lavoro di fronte a persone di diverse provenienze e culture: raccontarci qualche storia personale?
Permettetemi di rispondere in modo non così personale, ma un po’ più generico ancorché specificamente collegato al tema: “Il mezzo è il messaggio” diceva McLuhan. E se questo è vero, come è vero, credo che oggi dobbiamo aggiungere anche che “il ricevente” è il messaggio. I mercati sempre più globali, la società sempre più “liquida” e i nuovi media, che non hanno frontiere territoriali, ci pongono di fronte ad una sfida che non è data soltanto, come citato più sopra, dai tempi e modi di una narrazione specifica, ma anche quella di parlare ad un pubblico sempre meno classificabile per provenienza e cultura d’origine e sempre più parcellizzato: non più “un’audience” ma “tanti singoli follower”. Oggi, non è solo il mezzo a condizionare il nostro messaggio, ma sarà anche chi lo riceve ad interpretarlo in un modo anziché in un altro. E a darci il suo feedback immediato.
Cosa ti è rimasto dell’evento: spunti, idee, storie, network?
Quello che mi ha favorevolmente colpita del vostro riuscito evento è stata la voglia di condivisione delle best practice; la disponibilità a condividere senza uno specifico obiettivo “commerciale” quanto ciascuno dei partecipanti aveva capito o stava capendo dell’evolversi del proprio mercato di riferimento. L’altro elemento interessante su cui l’evento mi ha portato a riflettere è “l’interconnessione” come parola chiave per interpretare i cambiamenti che la società e, inevitabilmente, le nostre professioni stanno vivendo. Dobbiamo restare agganciati al progresso tecnologico per continuare a rappresentare un valore aggiunto per i nostri clienti; dobbiamo essere in contatto con le generazioni più giovani per capire quali saranno i loro bisogni e in quale modo li andranno a soddisfare; dobbiamo essere interconnessi tra noi, professionisti della comunicazione, per facilitare un processo continuo di aggiornamento e anche di sviluppo di nuove modalità di comunicazione.
Laureata in Scienze Politiche all’Università di Torino, dal 2000 è Presidente e Amministratore Delegato di SportWide Group, società che controlla l’agenzia di marketing sportivo SportWide e quella di comunicazione rivolta al mondo dello spettacolo Showide. Ha cominciato la sua carriera professionale in Fiat Auto, alla Direzione Commerciale Marketing, dove è stata la più giovane (e prima donna) Product Manager, passando poi alla Direzione Pubblicità e Immagine, occupandosi di Comunicazione internazionale e di Organizzazione eventi. È stata Responsabile Marketing e Relazioni Esterne in Juventus F.C., è poi passata al F.C. Internazionale come Direttore Commerciale e Marketing. Negli stessi anni ha ricoperto la carica di Consigliere della Commissione Marketing della Lega Calcio. È autrice di pubblicazioni di marketing sportivo e celebrity marketing. Per l’editore giapponese Shodensha ha pubblicato un manuale sul self marketing, “Il libro che trasforma la rana in principe”, e per FrancoAngeli due saggi, scritti insieme al sondaggista Mimmo Ugliano, “Campione, farò di te una star!” (prefazione di Maurizio Costanzo) e “Sport, fabbrica di testimonial” (prefazione di Giovanni Malagò), entrambi sulla gestione professionale dei campioni e sul loro impiego in comunicazione come testimonial.