Il costo sommerso dei conflitti aziendali: un fattore critico per la competitività
Il conflitto è una componente fisiologica e inevitabile delle dinamiche relazionali, che assume una connotazione peculiare nei contesti organizzativi. In tali ambienti le relazioni sono strutturate, le interdipendenze non sempre volontarie e i colleghi non vengono scelti. Il conflitto se viene trascurato può evolvere da semplice divergenza di opinioni a processo distruttivo, con ripercussioni tangibili e latenti su produttività, clima aziendale e solidità finanziaria.
Secondo la teoria dei nove stadi del conflitto elaborata da Friedrich Glasl, la conflittualità segue un’escalation progressiva:
- Irrigidimento: emergono divergenze, ma il dialogo resta possibile.
- Polarizzazione: le parti percepiscono l’altro come un ostacolo.
- Azioni e non parole: si passa ai fatti per arrecare danno.
- Formazione di coalizioni: si cercano alleati, ampliando il conflitto.
- Perdita della faccia: si mina la credibilità dell’interlocutore.
- Minacce strategiche: si ricorre a minacce per ottenere vantaggi.
- Attacchi distruttivi: l’obiettivo diventa danneggiare l’altro a ogni costo.
- Disumanizzazione: l’avversario viene privato della sua umanità.
- Annientamento reciproco: la distruzione prevale su ogni possibile vittoria.
L’impatto economico del conflitto si manifesta principalmente in cinque aree: la produttività, compromessa dal tempo che manager e dipendenti dedicano a dinamiche conflittuali: fino al 70% per i primi, tra il 2% e l’8% delle ore settimanali per i secondi. Seguono assenteismo e presenteismo, che aumentano a causa di stress e tensioni croniche, rallentando l’operatività. Sul piano economico pesa anche il turnover, con il 50% delle dimissioni volontarie riconducibili a conflitti non gestiti e costi elevati per la sostituzione del personale qualificato. A questi si aggiungono i danni alla reputazione aziendale, aggravati dalla visibilità digitale, e i costi legati a furti, sabotaggi e molestie, che generano ulteriori spese sanitarie, legali e di gestione delle emergenze.
Analizzare e quantificare i costi del conflitto
Per intervenire in modo efficace è essenziale disporre di strumenti analitici che rendano visibili questi costi, spesso sommersi, e ne consentano una misurazione precisa. Occorre andare oltre la mera rilevazione di fenomeni evidenti come dimissioni o assenteismo, per indagarne le cause profonde e individuare correlazioni con dinamiche conflittuali non gestite.
Un modello particolarmente utile in tal senso è il KPMG’s Circle of Conflicts Model, che permette di mappare le relazioni causa-effetto tra decisioni organizzative, modalità di gestione dei conflitti e costi generati. Il modello evidenzia come un uso eccessivo di strumenti di controllo, sistemi incentivanti inefficaci e costi legali elevati possano essere ridotti attraverso un approccio preventivo e proattivo alla gestione della conflittualità.
Per rendere operativa questa analisi, è opportuno integrare strumenti di raccolta e monitoraggio dati specifici:
Strumento | Misura |
Conflict Cost Ledger | Costi diretti: spese legali, consulenze, mediazioni |
Employee Exit & Engagement Survey | Motivazioni di dimissioni e trasferimenti, con focus sui conflitti |
Conflict-Related Absenteeism Tracker | Tassi di assenteismo per reparto, correlati a situazioni conflittuali |
Presenteeism Impact Assessment | Perdita di produttività dovuta a presenza fisica senza rendimento |
Incident & Fraud Linkage Analysis | Correlazione tra incidenti, errori, frodi e dinamiche relazionali non gestite |
Cost of Replacement Calculator | Costi di reclutamento, onboarding e formazione legati al turnover indotto da conflitti |
La matrice Visibilità-Misurabilità (V-M)
Per classificare i costi del conflitto, si può utilizzare la matrice Visibilità-Misurabilità, basata su due variabili chiave:
- Visibilità: quanto il costo è riconosciuto e attribuito al conflitto
- Misurabilità: quanto è semplice e oggettivo quantificarlo
Misurabilità ↓ \ Visibilità → | Bassa Visibilità (costi sommersi) | Alta Visibilità (costi evidenti) |
Alta Misurabilità | Turnover elevato, assenteismo cronico, incidenti relazionali | Costi legali, consulenze, ore straordinarie per mediazione |
Bassa Misurabilità | Presenteismo, avoidance culture, perdita di engagement | Malattie stress-correlate, richieste formali di trasferimento |
Adottare un approccio statistico predittivo, basato su dati interni e confronti con benchmark esterni, consente di stimare con affidabilità l’impatto economico del conflitto e di quantificare i potenziali benefici derivanti da interventi di gestione attiva. Tale metodologia risulta sostenibile anche per realtà di medie e piccole dimensioni, grazie all’utilizzo di strumenti digitali e analytics.
Conclusioni
I conflitti non gestiti rappresentano una minaccia concreta alla salute organizzativa e finanziaria dell’impresa. Lasciare che degenerino comporta costi elevati, spesso sottovalutati, che si riflettono su produttività, benessere e reputazione. L’adozione di metodologie innovative, come il coaching creativo, può trasformare le tensioni in dialogo costruttivo e le divergenze in opportunità di crescita. Parallelamente, investire in sistemi di monitoraggio continuo e oggettivo consente di rendere visibili i costi sommersi, giustificando interventi preventivi e strategici. Una gestione consapevole del conflitto diventa così una leva essenziale per rafforzare la competitività, aumentare la resilienza organizzativa e promuovere un clima di fiducia e collaborazione.
Fonti
Francesco Ferrazzi, ” I Conflitti Aziendali . Metodi quantitativi per la valutazione e la gestione”
CPP GLOBAL, foreword by J. Hayes.”Workplace conflict and how businesses can harness it to thrive”
Giorgia Raguzzi: Il prezzo dei conflitti: quanto tempo dedichiamo ai diverbi?